MAMMELLE DIFFICILI

 DEFINIZIONE "MAMMELLE DIFFICILI"
Ho raggruppato in questa categoria interventi di revisione mammaria, in donne portatrici di protesi, con complicanze gravi e inveterate nel tempo. In questi casi spesso erano presenti le seguenti complicanze.

 
CONTRATTURA CAPSULARE
DEFINIZIONE
La capsula periprotesica è costituita fisiologicamente da un foglietto sottile e morbido di tessuto cicatriziale. E’ l’organismo che la produce per isolare un corpo estraneo (in questo caso la protesi) dal resto dei tessuti. La condizione in cui questa capsula si inspessisce, si indurisce o si retrae, viene denominata contrattura capsulare. In questo caso la protesi verrà progressivamente deformata, modificando la forma del seno.

INCIDENZA
Con le protesi moderne testurizzate è valutata tra il 3 e il 9% dei casi. L’incidenza sembra minore per protesi in sede sottomuscolare o protesi in poliuretano.

CAUSE
Ad oggi non sino note le cause di questo evento. L’ipotesi più accreditata è quella della presenza di una minima contaminazione batterica che induce un costante proliferazione di cellule del sistema immunitario e di conseguenza la produzione di tessuto fibroso in eccesso. Alte volte questo processo potrebbe essere attivato per cause autoimmuni. Altri propendono per una semplice tendenza personale, geneticamente determinata, a produrre tessuti reattivi ipertrofici.

DIAGNOSI E SINTOMI
La diagnosi non è strumentale ma clinica. Il seno appare duro, deformato, asimmetrico, dolente. La risonanza magnetica piò essere utile per valutare o stato della protesi. Una ecografia può essere utile come indagine accessoria la una prima valutazione dello stato generale del seno.
 
CLASSIFICAZIONE DI BAKER
Grado I: seno normale
Grado II: seno leggermente indurito alla palpazione, nessua alterazione visibile.
Grado III:  seno indurito e retratto, moderata alterazione della forma e simmetria, lieve dolorabilità
Grado IV: seno indurito o calcifico, evidente alterazione di forma e simmetria, dolore e  dolorabilità
 
TERAPIA NON CHIRURGICA
Nelle contratture di II grado, il trattamento consiste nell’eseguire un delicato e costante stratching manuale. Alcuni autori  consigliano terapie omeopatiche con antinfiammatori naturali di lunga durata. Sono stati anche proposti (senza una indicazione approvata però)  farmaci antagonisti dei leucotrieni (es. Accoleit), molecole lipidiche modulatrici dei meccanismi immunitari alla base dell’asma.

TERAPIA CHIRURGICA
 - CAPSULOTOMIA
Nei casi di media gravità (III Grado)  spesso basta eseguire una capsulotomia. Questo procedura consiste nel creare una griglia di incisioni all’interno della capsula, per aumentarne la superficie. In questo modo la protesi sarà meno costretta.
 - CAPSULECTOMIA
Nei casi più gravi, invece, è consigliabile la capsulectomia, cioè l’asportazione dell’intera capsula. Si parla di “capsulectomia en bloc” quando si asporta in un unico blocco la capsula con al suo interno la protesi. Questa tecnica, possibile per protesi in sede prepettorale, è utile in caso di rottura protesica perché evita la contaminazione della nuova tasca protesica, da parte del silicone fuoriuscito.
 - SOSTITUZIONE PROTESI
Quando si effettua una capsulotomia o una capsulectomia è sempre necessario impiantare nuove protesi, anche se le vecchie appaiono integre. L’intervento, infatti, le esporrebbe all’esterno per troppo tempo, con un alto rischio di contaminazione. In realtà, se  è vera la teoria patogenetica della contaminazione alla base della contrattura, le vecchie protesi potrebbero essere già contaminate. Nel caso in cui le vecchie protesi fossero sottoghiandolari, le nuove dovrebbero essere poste in sede retromuscolare, sede gravata da una incidenza minore di contrattura. Infine, soprattutto nei casi di contrattura recidivanti, possono essere preferite protesi in poliuretano. Questa superficie, infatti, riduce il rischio di contrattura. 



ROTTURA PROTESI
INCIDENZA
E’ del 2% a 5 anni dopo l’intervento, ma poi cresce rapidamente al 10-12 % dopo 10 anni. Ovviamente oltre i 10 anni l’incidenza continuerà a crescere. La maggior parte degli autori, infatti, consigliano di cambiare le protesi tra il 10° e il 15°anno dopo l’impianto. Altri autori invece, consigliano di fare dei controlli strumentali per monitorare lo stato delle protesi e sostituirle solo in caso di complicanze o per volontà di migliorare l’aspetto del seno.

CAUSE
Le cause sono spesso multifattoriali e asincrone. Quelle più frequenti sono:
 1) DANNO CHIRURGICO Spesso è il chirurgo che, durante l’inserimento della protesi, attraverso una porta di accesso stretta, crea delle rotture o delle infrazioni dallo shell della protesi, punti in cui nel tempo si romperà. Attualmente, in associazione all’aumento degli interventi di lipofilling, agoaspirati o agobipsie al seno, vi è un aumento di rotture iatrogene occorse durante queste procedure.
 2) TRAUMI ESTERNI Dei colpi o delle pressioni sul seno possono portare alla rottura delle protesi. Questi eventi possono essere intensi e acuti o più deboli e ripetuti nel tempo. Per esempio, le protesi sottomuscolari, sollecitate dalle  ripetute contrazioni del muscolo pettorale, sembrano avere una durata media inferiore. Più in generale, i traumatismi provocano la rottura soprattutto di protesi con uno shell danneggiato (cause iatrogene, invecchiamento dei materiali).
 3) INVECCHIAMENTO DELLA PROTESI Con il passare degli anni, si manifesta un fisiologico invecchiamento dei materiali che perdono le loro caratteristiche di elasticità e resistenza. In particolare lo Shell degradato può lesionarsi più facilmente, soprattutto in corrispondenza delle pieghe della protesi o in punti di infiltrazione di oli di silicone provenienti dall’interno o, come detto prima, su aree danneggiate dal medico.

SINTOMI
Oltre il 90 % delle rotture protesiche sono asintomatiche. Se presenti i sintomi  più comuni sono le modificazioni di forma e simmetria, comparsa di tumefazioni, dolorabilità e dolore.

DIAGNOSI
Si effettua tramite la Risonanza Magnetica senza mezzo di contrasto. L’ecografia, utile come primo approccio, da sola non è sufficiente per confermare la diagnosi.

ROTTURA INTRA O EXTRA-CAPSULARE
In caso di rottura il silicone fuoriuscito dalla protesi può restare confinato nella capsula periprotesica (rottura intra-capsulare) oppure fuoriuscire da essa infiltrando il tessuto mammario limitrofo (rottura extra-capsulare). Ovviamente in quest’ultimo caso la sintomatologia e i rischi per la paziente sono aumentati.

RISCHI PER LA SALUTE
 - LOCALI: consistono in processi di infiammazione locale con la formazione di siliconomi o più raramente fenomeni di flogosi diffusa recidivanti. La stessa cosa può accadere a carico dell’ascella dove alcuni linfonodi possono ingrandirsi, confluire in pacchetti e infiammarsi.
 - SISTEMICI:  sulla scia della crescente attenzione alle malattie autoimmunitarie associate alle protesi (A.S.I.A. Syndrome) e alle reazioni sistemiche avverse (B.I.I.), sono stati effettuati diversi studi per porre in relazione un aumento dell’incidenza di questi disordini e la rottura delle protesi. Questa ,infatti, determina una maggior esposizione al silicone dei tessuti. Tutti questi studi, però, hanno dimostrato una sostanziale influenza della rottura delle protesi rispetto a queste patologie.

TRATTAMENTO
Il trattamento è ovviamente chirurgico. Consiste nella rimozione delle protesi rotte. Questa procedura è riconosciuta come terapeutica e, per questo, può essere eseguita gratuitamente in un Ospedale Pubblico. La maggior parte delle Pazienti, però, sceglie il reimpianto di protesi nuove per evitare un danno estetico. Quest'ultimo è considerato  un intervento di estetica e, pertanto, non rientra nei servizi erogabili dalla Sanità Pubblica (LEA: Livelli Essenziali di Assistenza).
L’intervento di sostituzione delle protesi può essere associato a capsulotomia, capsulectomia e mastopessi. I siliconomi presenti nel seno se possibile vanno rimossi. Anche i linfonodi infiltrati dal silicone, soprattutto se di grosse dimensioni e associati a sintomi locali, possono essere asportati.


SIEROMA TARDIVO

DEFINIZIONE
I sieromi sono delle raccolte di siero nella tasca peri-protesica. In questa sede, una certa quota di fluidi (fino a 50 cc) è da considerare normale. I sieromi, a breve tempo da un intervento, sono da porre in relazione al danno chirurgico che i tessuti subiscono (interruzione dei vasi linfatici) e ai processi di guarigione (infiammazione e trasudazione). Per convenzione si definisce tardivo, invece, un sieroma che compare dopo un anno dall’intervento.

SINTOMI
Consistono nell’aumento di volume di una o entrambe le mammelle, con una conseguente variazione di forma e simmetria. In relazione ai meccanismi patogenetici, queste variazioni possono avvenire rapidamente o progressivamente. Possono essere episodi unici o ricorrenti. Usualmente le Pazienti avvertono un senso di tensione del seno. Calore e rossore cutaneo, devono far sempre sospettare l’inizio di un processo di infezione. 

CAUSE
 1) CONTAMINAZIONE BATTERICA
Una contaminazione da parte di agenti patogeni può creare delle condizioni di infezione sub-clinica per un sostanziale equilibrio con il sistema immunitario della paziente. Spesso gli esami colturali del liquido sono negativi all’esame colturale.
 2) TRAUMI ED EMATOMI TARDIVI
In genere sono traumi di piccola entità ripetuti (per esempio in pazienti che effettuano attività sportive senza reggiseni sufficientemente contenitivi) possono creare una flogosi locale con conseguente trasudazione di liquidi. Traumi più acuti e più intensi possono creare degli Ematomi Tardivi, il cui riassorbimento della quota cellulare, farà residuare un sieroma. La stesso meccanismo patogenetico si instaura in caso di Ematomi Tardivi Spontanei (non associati ad evidenti traumatismi).
 3) LINFOMA  BIA-ALCL
La presenza di un sieroma tardivo freddo deve far sempre sospettare la presenza di questa forma di linfoma a cellule T associato, alla superficie testurizzata delle protesi. L'esame citologico del liquido e la ricerca del marcatore CD-30 sono fondamentali per l’esclusione di questa patologia. 

RISCHI
Il rischio principale consiste nella sovrainfezione batterica con la perdita della protesi e, seppur remoto, rischio di setticemia. 

TRATTAMENTO
Il trattamento dipende dalla causa. Il primo approccio spesso è quello di impostare una terapia antinfiammatoria (fans o cortisone) e una terapia antibiotica profilattica o mirata  nel caso di positività dell’esame colturale. Se persiste, si può effettuare il drenaggio (magari ecoguidato per evitare danni alla protesi) e una medicazione compressiva. Ovviamente la Paziente dovrà interrompere le attività fisiche che sollecitano eccessivamente le mammelle.

INTERVENTO: SOSTITUZIONE PROTESI + CAPSULECTOMIA +REVISIONE
INDICAZIONE: complicanze protesi mammarie
DURATA INTERVENTO: da 2 a 4 ore
TIPO ANESTESIA: anestesia generale
TIPO DI RICOVERO: day hospital oppure ordinario con 1 notte di ricovero
TEMPI DI RECUPERO:  attività quotidiane 2 settimane, sport 1 mese
RISULTATI VISIBILI: stabili 1 mese, definitivo a 6 mesi
PROTESI: Mentor, Polytech

CASO 1

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Contrattura di IV grado. Sieroma tardivo DX

CASO 2

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Contrattura di IV grado. Rottura protesi

CASO 3

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Contrattura di IV Grado. Rottura protesi

Dott. Francesco De Vita
Medico Chirurgo specialista in Chirurgia Plastica Ricostruttiva e Estetica

 

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